Un bollino nero per il vino? No, grazie. E passa la linea morbida dell’Italia
“C’è differenza tra consumo nocivo e moderato di bevande alcoliche e non è il consumo in sé a costituire fattore di rischio per il cancro”. È questa la motivazione che ha apportato la modifica decisiva alla relazione sul Piano di azione anti-cancro approvate ieri sera dall’Europarlamento. Dal testo è stato cancellato anche il riferimento ad avvertenze sanitarie in etichetta, e introdotto l’invito a migliorare l’etichettatura delle bevande alcoliche con l’inclusione di informazioni su un consumo moderato e responsabile di alcol.
Ma facciamo un passo in dietro. La bevanda per antonomasia per il brindisi degli italiani, vino da cerimonia, da ricorrenza, ma anche da tavola e di tutti i giorni. Che sia una bolla, oppure fermo. Ad accompagnare i pasti degli italiani e di chi, sempre di più nel mondo apprezza la buona tavola, avrebbe potuto vedere in bella evidenza un bollino nero e una lettera, la “F”, sulla bottiglia. L’Ue voleva introdurre un nuovo regolamento per definirlo, genericamente assieme a tutte le altre bevande alcoliche, “pericoloso”. Secondo un binomio alquanto tirato e distorto “alcol = vino” e la correlazione con il suo consumo, ovviamente se spropositato e l’incidenza sulle malattie tumori. Al pari delle sigarette, insomma.
Il rischio concreto sembra ora per ora scongiurato. Grazie alle proteste dell’Italia e all’iniziativa dei principali gruppi politici dell’euro parlamento che hanno approvato alla plenaria un emendamento che ne ha modificato con la sola introduzione del concetto di “harmful consumption”, “consumo dannoso”, che distingua l’uso, dall’abuso.
L’iniziativa UE
L’iniziativa, raccolta dalla proposta dallo scienziato francese Serge Hercherg, ideatore del “Nutriscore” ed utilizzata per le etichette sugli alimenti con il “semaforo” che ne identifica la qualità nutrizionale attraverso una scala cromatica e alfabetica, proponeva un’etichetta per indicare la «massima dannosità» di tutte le bevande alcoliche, indistintamente. E dunque anche del vino.
Alle indicazioni presenti sulle confezioni alimentari secondo l’etichetta a semaforo del Nutri-Score che classifica con le 5 lettere A B C D E la lettera “F” sarebbe andata così ad indicare la presenza di sostanze cancerogene secondo la logica “non esiste una quantità sicura di consumo di alcol”. L’iniziativa aveva ottenuto il disco verde lo scorso dicembre, indicazioni non solo verso il vino e gli alcolici, ma anche nei confronti di diversi prodotti come l’olio d’oliva, prosciutto e parmigiano.
A causare particolare preoccupazione all’Unione Europea è il consumo d’alcol, alla base di una vera e propria emergenza sanitaria. Entro il 2025 la Commissione ha stabilito come obiettivo la riduzione di almeno il 10% del consumo dannoso di bevande alcoliche attraverso misure estreme, come un aumento della tassazione per questi prodotti e nuovi limiti per le pubblicità di liquori, birre e vini, anche sulle piattaforme digitali. Se, da una parte è lodevole l’iniziativa per contrastare – e prevenire – l’insorgenza di tumori tra i cittadini, non è certo questa l’iniziativa che porterebbe ad un minor consumo di alcol. Anzi.
Un esempio su tutti: la lotta contro il fumo. Gran parte dei Paesi del mondo adotta una strategia per disincentivarne il consumo: ha funzionato? Non del tutto, se si evince, dai vari, pochi e non completi studi reperibili, l’utilizzo di immagini “shock” non ha avuto il successo pensato. Secondo una ricerca condotta in Australia, sarebbero efficaci solo sui giovani fumatori. Indifferenti gli adulti, ormai “insensibili” ai messaggi di avvertimento. Senza contare che non vengono prese in considerazioni nuove mode, come la diffusione delle sigarette elettroniche, o di altro tipo, certamente meno dannose, ma neppure troppo. Solo in Italia le immagini shock, dalla loro introduzione non hanno fatto calare il numero dei fumatori, anzi: dalla loro introduzione nel 2016 erano 1,5 milioni, nel 2017 11,7 milioni, con un trend di consumi ancora in crescita che si spiega con l’aumento del fumo tra le donne che compensa la diminuzione registrata negli uomini.
La protesta
La proposta ha fatto sin da subito discutere. Si sono mobilitate associazioni di categoria contro il bollino nero Ue che andrebbe ad identificare il vino come “cancerogeno”. Tra i paese europei è l’Italia che trasversalmente ha dimostrato di opporsi con più decisione: da una parte l’eccessiva semplificazione e la classificazione di cibi e bevande come“buoni” e “cattivi” per la salute, sulla base delle tabelle nutrizionali ha, evidentemente, poco senso. Anche perché le conseguenze possono essere disastrose: il vino è una grande ricchezza in tutti i sensi. Il settore ha chiuso l’ultimo esercizio commerciale con l’ennesimo record storico. Solo per il Franciacorta si è messo a segno nel 2021 un nuovo record di vendite superando la soglia dei 20 milioni di bottiglie, nonostante il recesso del mercato dovuto alla pandemia e alle restrizioni imposte alla ristorazione e con un export che si attesta intorno al 10%.
Associazioni di categoria che si uniscono in coro, protestando e manifestando grande preoccupazione a quella che viene definita una “proposta anti storica, che penalizza anche altri Paesi di grande tradizione vinicola come Spagna, Francia e Germania” ed “un atto di masochismo degli europei nei confronti dei nostri prodotti agroalimentari di eccellenza”.
C’è da precisare che il piano del Parlamento Ue non è una proposta legislativa né è un documento vincolante, ma è un documento di indirizzo politico: si tratta di una serie di raccomandazioni rivolte alla Commissione Ue e agli Stati membri nelle loro azioni per la lotta contro il cancro. Evidentemente si ha tempo (da perdere) e forse di scherzare – l’occasione del carnevale è vicina – con tutti i problemi che ci sono sul tavolo dell’Ue: dalla pandemia, al prezzo e all’aumento di gas-energia-benzina, dall’inflazione ai venti di guerra in Ucraina e le tensioni con la Russia.
Per ora, a Strasburgo, proprio iera sera si è proceduto a votere ed elimiara i riferimenti al cancro dalle etichette con la motivazione «C’è differenza tra consumo nocivo e moderato di bevande alcoliche e non è il consumo in sé a costituire fattore di rischio per il cancro». Che poi, a differenza di tutte le altre miriadi di tipologie di “alcol” in circolazione il vino faccia male è davvero tutto da valutare, da chiarire, perlomeno, o da distinguere: tra una bottiglia di un gin o un distillato di infima qualità e un buon bicchiere di vino rosso bio, docg con le sue numerose qualità antiossidanti naturali, sono forse teorie superate? Insistere, ed incidere sul consumo, intelligente e consapevole è un fatto, oltre che alimentare, culturale, di piacere e di libertà. E non sarà un bollino che possa valere da deterrente.
Il vino è il canto della terra verso il cielo